CATTIVO
COMPAGNIA ARIATEATRO
LA PICCIONAIA CENTRO DI PRODUZIONE TEATRALE
SAB 9 LUG | ore 21.30
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Monologo tratto dal romanzo Cattivi di Maurizio Torchio
adattamento del testo ed interpretazione di Tommaso Banfi
regia di Giuliana Musso
musiche, progetto sonoro e disegno luci Claudio Parrino
scene Francesco Fassone
una coproduzione Compagnia ariaTeatro e La Piccionaia Centro di Produzione Teatrale
Ho paura. Mi vergogno a dirlo. Non lo dicessi, però, mi vergognerei di più. Ho paura perché ho speranza. Perché, assurdamente, sento di avere ancora qualcosa da perdere. Il testo di questo monologo nasce dal romanzo di Maurizio Torchio, Cattivi, edito da Einaudi nel 2015. Secondo romanzo dell’autore, ha per protagonista un detenuto condannato all’ergastolo e “dimenticato” nella cella di isolamento di un carcere-isola. Una scrittura tesa e sospesa, una voce che ascolta mentre dice, che a volte abdica senza resistenza al silenzio e che diventa gesto, sospiro, sguardo. Un racconto a tratti lirico, come quando osserva dall’alto il mondo-carcere o il tempo immobile dell’isolamento, a tratti essenziale e semplice come l’umanità resiliente del protagonista. La vita prima, la vita dopo, l’istante del crimine che segna l’intera esistenza, la nudità della propria colpa, la violenza dell’istituzione, infine, anche, una vittima in un colpevole. La poesia si annida nei dettagli degli eventi, nei particolari dove la vita del carcere si raccoglie. La forza perturbante di questo monologo sta anche nella recitazione di Tommaso Banfi: sorprendentemente organica, umida, rotta, arresa, così tecnicamente sofisticata da far scomparire l’attore e dimenticare ogni teatralità. O forse chissà… la più dolce poesia sarà ciò che avverrà alla fine dello spettacolo: quello che noi, dopo essere stati vicini a questo cattivo uomo, scopriremo nei nostri cuori. ” La voce narrante di Cattivi si illudeva di essere astratta, universale, con la lucidità un po’ folle di chi gira a vuoto perché non ha più un mondo. Che bello invece incontrarla così: sdentata, dialettale, stanca, finalmente incarnata in quel corpo che sapeva di avere, ma si ostinava a negare.
Maurizio Torchio