LIRETAPERMÀR | LA PICCIONAIA | DUEL

a chi viene dal mare
un progetto di Mario Perrotta
con Paola Roscioli
chitarra Laura Francaviglia violoncello Samuele Riva
drammaturgia e regia Mario Perrotta
dal diario di Lireta Katiaj e altri milioni di diari mai scritti

Albania.
C’è una donna, Lireta si chiama. C’è una donna che guarda oltremare cercando un brandello d’Italia, anche solo una luce. Una luce di Puglia che illumina i sogni di là, nella terra dell’alba.
C’è un gommone che parte e la donna si sta in mezzo agli altri sul mare, cercando d’Italia e di luci. Tra le braccia ha una bimba che, neanche tre mesi di vita e si trova sull’onda, nel nero di un cielo senza luna.
L’hanno detto alla donna, alla bimba e a tutti gli altri lì sul gommone: “Se arriva la guardia costiera d’Italia buttatevi in acqua!” L’hanno detto anche all’uomo, compagno alla donna che si sta anche lui sul gommone.
Ogni onda che arriva, il mare s’ingrossa più ancora. E più forte è il terrore di perdersi la bambina dalle mani. Ogni volo sull’onda, precede uno schianto sull’acqua arrabbiata e ogni schianto è un ricordo.
Ricordo di un padre con l’alcool e la mano facile, un padre che serra i figli sotto chiave mentre picchia la moglie. Ma Lireta non cede. Ogni volta, disperata, tenta una difesa di quella madre così remissiva, una difesa qualunque gridando, sbattendo, ma senza risposta.
Ricordo di un matrimonio con chissà chi, matrimonio combinato tra famiglie, senza che lei possa dire parola. Ma Lireta non cede. Rifiuta. Tutto rifiuta: l’uomo, il matrimonio, e anche la famiglia. Ricordo di un fuga da casa e di un innamoramento, “che io” le diceva lui “se mi ami ti porto in Italia”. Ricordo di una casa vicino al mare, ancora una volta serrata a chiave aspettando che la portassero, insieme alle altre, sulle strade d’Italia, “che io se mi ami ti porto in Italia”, dicevano anche gli aguzzini delle altre. Ma Lireta non cede. E scappa. Ma uno di loro, un aguzzino, la insegue per giorni, la prende, la guarda negli occhi e le dice “ti amo”: anche lui, come l’altro, le dice “ti amo”. E nasce una bimba.
Ricordo di quando con lui e con la bimba in braccio, decidono di prendere quel gommone che adesso aggredisce le vette del mare, enormi, ringhianti, che ogni volta che sei sulla cima butti l’occhio lontano sperando una luce di Puglia. E Lireta non cede e si serra più forte la bimba sul petto. Ricordo di un volo, a qualche metro dalla costa del Salento, un volo verso l’acqua spinti giù dal Caronte che guida il gommone.
Ed è qui che tutto si sospende: vola Lireta, vola il compagno e vola la bimba di soli tre mesi e un’intera esistenza passa davanti agli occhi, in quel tempo infinito passato per aria – sospesi – prima del contatto con quel mare che è morte, che è vita nuova…

Note di regia
Quando ho conosciuto Lireta Katiaj al Premio Pieve nel 2012 (premio annuale organizzato dall’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve S. Stefano, Arezzo), mi sono innamorato immediatamente della sua storia d’immigrata, una storia archetipica che contiene in sé tutte le stigmate del migrare: dalle ragioni fino alle conseguenze di una scelta così forte come quella di lasciare la propria terra.
In questi tre anni sono tornato spesso intorno alle pagine del suo diario fino a quando uno dei punti centrali del suo racconto, quel volo in acqua con una bimba di soli tre mesi in braccio, non ha fatto cortocircuito con quell’immagine violenta che la cronaca recente ci ha imposto per settimane su ogni mezzo di informazione: il corpo di quel bambino di soli tre anni riverso sulla spiaggia con la faccia nella sabbia.
È stato uno schianto: il volo di Lireta, il bimbo sulla spiaggia e mio figlio, tre anni anche lui, che dorme tranquillo nel suo lettino. Da quel momento non ho potuto più tenere insieme queste tre immagini senza avvertire un malessere forte, fisico. E quando accade questo, so che spetta al teatro il compito di sciogliere il nodo allo stomaco.
La prima idea, come sempre, è stata quella di una possibile drammaturgia, ma per poter scrivere di Lireta, c’era bisogno di maneggiare la materia a lungo, nel tempo e nello spazio, ragionare a più voci e in diverse forme e allora il pensiero è corso subito a un progetto che unisse l’invenzione teatrale con la realtà dei luoghi, delle facce e delle voci di chi, ieri e oggi, ha scommesso sulla vita attraversando il mare.
È nato così VERSOTERRA, un progetto articolato che ha coinvolto tutto il Salento e che ha visto, fianco a fianco, artisti di molte forme d’arte e immigrati, emigranti salentini e scrittori, scuole di ogni ordine e cineasti, con diverse stazioni narrative che hanno guardato l’alba sulla costa adriatica per concludersi al tramonto sulla costa ionica. La sera, invece, è stata dedicata a LIRETA – a chi viene dal mare, lo spettacolo che ha costituito l’evento centrale del progetto e che è il lascito permanente di tutto ciò che è accaduto in terra salentina dal 30 settembre al 2 ottobre 2016.
Mario Perrotta


Data / Ora
Data - 30/06/2017
Ora - 21:45

Luogo
TeatroLaCucina ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini

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