MARCHE TEATRO

di e con Marco Baliani
regia Maria Maglietta
scene e luci Lucio Diana
musiche Mirto Baliani

Come si manifesta l’Assurdo? Ci sono segnali che possano mettere in allarme prima che la terribilità del caso si metta in moto e precipiti negli eventi?
Forse sì, ci sono, ma sono accenni, avvertimenti che l’anima non coglie. Presi come siamo dall’immanenza del reale, quei piccoli, minuscoli segnali di allarme vengono trascurati.
Eppure, quella notte, notte che solo dopo che tutto è avvenuto, chiameremo notte sbagliata, Tano, l’uomo della nostra storia, aveva avvertito qualcosa. Sul punto di uscire di casa, qualcosa come un brivido lo aveva attraversato, il passo si era fatto incerto, aveva esitato, ma poi il cane lo aveva guardato in quel modo così umano, piegando la testa di lato, con quel guaito debole che era una precisa richiesta, e lui allora, non aveva potuto rifiutare, era uscito.

Lì, tra i casermoni scuri, slabbrati dal tempo della periferia dove la storia accade, è più facile che le Assurdità del mondo si diano convegno e agiscano. In quei luoghi alberga l’impotenza, la frustrazione di chi è costretto a immaginare mondi che non possiederà mai.
Tutto quel ben di dio che passa di continuo dentro gli schermi e che sembra così a portata di mano: auto sfreccianti in paesaggi mozzafiato, famiglie felici in cucine immense come tre appartamenti di borgata messi insieme, donne e maschi incantevoli che emergono grondanti dalle acque, come nuove divinità ammiccanti.
Tutto questo inarrivabile mondo esiste ma appartiene a quelli che non abitano lì, a quelli che se escono, di notte, a portare il proprio cane a passeggio nel parco, sanno, in modo certo, che nessuna avversità potrà turbare la loro passeggiata. La separazione, ormai avvenuta, tra mondi che possono e mondi impotenti è un’ottima condizione per far sì che l’Assurdo si manifesti.

Teatro di post-narrazione
Dopo il successo dello spettacolo Trincea, vorrei sperimentare un’altra tappa di ricerca di quello che mi piace chiamare teatro di post-narrazione. Una narrazione dove il linguaggio orale del racconto non riesce più a dispiegarsi in un andamento lineare, ma si frantuma, produce loop verbali in cui il Tempo oscilla, senza obbligati nessi temporali.

Flussi di parole che prendono strade divaricanti mentre cercano disperatamente di circoscrivere l’accadimento di quella “notte sbagliata”. Quella manciata di minuti, ché tanto durerebbe nel Reale il puro accadere dell’evento, si amplifica e diviene big bang di quell’universo di periferia, si espande nelle teste dei partecipanti all’evento, compreso il cane, risucchiando come un buco nero anche chi non è lì su quel pratone d’erba polverosa, ma vicino ai cuori e alle coscienze di chi sta agendo.

Un turbine linguistico sostenuto da un corpo che agisce l’evento in maniera performativa, un corpo che si metamorfizza a mano a mano che l’azione prosegue, con gesti che richiamano le esperienze della body art degli anni Settanta, marchiando il corpo come fosse la tela dove l’Assurdo si mostra pienamente, al di là perfino delle parole.

Penso che oggi la sfida che il teatro deve affrontare stia tutta nel montaggio drammaturgico, che tenga conto delle nuove percezioni con cui viene veicolata la realtà, forme comunicative con cui il teatro deve misurarsi scompaginandone gli statuti. E questo non può che avvenire attraverso visioni performative, non lineari, dove il dramma viene spezzato da incursioni continue, dove l’oralità dispersiva della voce prevale sulla linearità della scrittura scenica.
Marco Baliani


Data / Ora
Data - 29/06/2019
Ora - 21:45

Luogo
TeatroLaCucina ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini

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