ERECTUS
Pithecanthropus
progetto, regia e coreografia Michele Abbondanza e Antonella Bertoni
coreografie in collaborazione con i danzatori Marco Bissoli, Fabio Caputo, Cristian Cucco e Nicolas Grimaldi Capitello
musiche Charles Mingus: Pithecanthropus Erectus
luci Andrea Gentili
regia video Sebastiano Luca Insigna
realizzazione video Jump Cut
organizzazione Dalia Macii
amministrazione e ufficio stampa Francesca Leonelli con Federico Visintainer
con il sostegno di MiBAC Direzione Generale per lo Spettacolo dal Vivo, Provincia Autonoma di Trento – Servizio Attività Culturali, Comune di Rovereto – Assessorato alla Cultura, Regione Autonoma Trentino Alto Adige / Sudtirol
un ringraziamento particolare a Danio Manfredini e Tommaso Monza
ringraziamo inoltre Riccardo Brazzale
L’uomo è un animale mancante di sé.
La mancanza è la sua nudità.
J. Derrida
Proseguiamo, come nella parte prima del progetto Poiesis La morte e la fanciulla, nella traduzione stenografica e minuziosa di una partitura musicale in segno scenico: nel tentativo di trasformare musica e corpi in suono da vedere.
Abbiamo trovato la musicalità necessaria nel genere del free jazz, segnatamente nell’album storico (1956) di Charles Mingus: Pithecanthropus erectus.
In scena quattro danzatori, per dare forma, in questa seconda parte, ad un punto di vista (inteso anche come “stato” e “posizione”), maschile.
Attraverso il genio di Charles Mingus e la sua sperimentazione e polistrumentismo, tentiamo un possibile poliformismo del marziano maschio del ventunesimo secolo.
In ascolto di questo “libero jazz” restituiamo corpi in libertà, sfrontatezza e rottura delle convenzioni. Attraverso una musica dalla radice nera, disfiamo e mescoliamo i codici della danza (bianca) che vengono riconosciuti a tratti, ma composti in modo selvatico, libero, imprevedibile; come “risputati” da questi danzatori in libertà che portano un background diverso tra di loro. E’ uno scardinare la disciplina dentro cui si muove l’umano, verso un’origine di spaccatura, di nascita, di uomo nuovo, dionisiaco.
La pelle degli interpreti è ancora una volta l’unico abito scenico: la nudità per superare il concetto di danzatore e arrivare a vedere l’uomo. Il corpo. Di esemplari maschi. Di maschi esemplari.
Come nel free jazz siamo lontani da qualsiasi narratività per avvicinarci ad una zona più astratta e performativa.
Il racconto è nella forza coreografica che non “spiega” ma condivide gioco e libertà fisica.
Nel plot drammaturgico, decortichiamo e scopriamo l’anima animale in un anelito verso ciò che è all’origine della coscienza, come se nell’animale ci fosse lo specchio dell’umano. Attraverso le immagini video accostiamo la fatica, sudore e l’essere degli interpreti, a quello dell’animale a loro bestialmente diverso e somigliante.
Dal caravaggesco e femminile La Morte e la fanciulla, al Masaccio di Erectus. Svelato, esibito, esterno. Così come il pitecantropo maschio è fatto.
Con tutti gli occhi la creatura vede
l’aperto. Solo i nostri occhi sono all’indietro
rivolti e completamente schierati intorno a essa
come trappole intorno al suo libero esito.
Ciò che è fuori lo sappiamo soltanto dal viso
dell’animale; e già fin dall’inizio il bambino
lo si piega, lo si costringe a vedere soltanto
figure all’indietro e mai l’aperto, quello che
sì profondo è nel volto animale. Libero da morte.
Rainer Maria Rilke, Elegie Diunesi – VIII Elegia