QUELLA VOLTA IN CUI MIA ZIA FECE SCAPPARE MATTEOTTI
di e con Walter Leonardi
collaborano al progetto Paola Tintinelli e Paolo Trotti
video mapping Valeria Testa musiche originali Walter Leonardi, Tommaso Ferrarese, Flavio Pirini
assistente alla regia Luisa Bigiarini regia Walter Leonardi
produzione Teatro della Cooperativa si ringrazia b u s t e r, Compagnia Teatrale Favola Folle
Uno spettacolo senza niente.
In questo spettacolo non c’è niente.
Non c’è un eroe, non ci sono comprimari, non c’è nessun drago da sconfiggere o principessa da salvare, nessun allontanamento da casa ne in particolare modo nessuna crescita del protagonista. Non c’è nemmeno un inizio e nemmeno una fine perché in pratica è gia tutto iniziato e tutto finito, quello che si racconta.
Non esiste un’ipotesi, in questo spettacolo. Nemmeno una tesi.
È un po’ così, appunto, come è così la Storia. Accade e basta.
Ci sono solo ricordi, ironia ed emozioni.
Insomma per dirla tutta in musica leggera: c’è la vita, la mia.
Che poi non è molto diversa da quella di altri abitanti di questo mondo che chiamiamo ancora, forse in modo ormai improprio, occidentale.
C’è però una Sinossi. Tre racconti, tre racconti e mezzo circa, dall’inizio del 900 a oggi. La mia storia e quella della mia famiglia che si “appoggia” alla Storia del nostro Paese. C’è anche una Trama ma senza troppi spoiler: Matteotti, Moro, Pasolini, il Muro di Berlino, il G8 di Genova stanno in sottofondo, ma neanche troppo in sottofondo, alle vicende della zia Idia e dello zio Sile. Della nonna Bellina e del nonno Fortunato. Di mamma Arnalda e di papà Ennio-Enrico. Di me adolescente e adulto (per modo di dire).
La storia della miseria contadina e il fascismo di provincia della mia famiglia nata, in parte nel Polesine e in parte nel novarese, nei primi del ‘900.
Gli anni ’40 a Milano e nonno Fortunato che accendeva i lampioni in piazza del Duomo ogni sera. Lo sfollamento a Galliate, paesino del novarese e l’incontro tra mamma Arnalda e papà Ennio-Enrico.
Di nuovo a Milano negli anni 70 le mie scuole medie, e di quanto un abbraccio faccia sparire il Terrore.
Il muro di Berlino visto da lontano.
La storia, negli anni ’90, di un gruppo musicale di amici, di un amore e dell’impegno politico disimpegnato. La storia di Genova del G8 del 2001 e di una cena nell’entroterra. Di Ninetto Davoli che fa vedere dove abitava Pier Paolo. Per poi riprendere lo zio Sile, la zia Idia e la nonna Bellina alle prese con la fuga di Matteotti.
Tutto questo è il mio personalissimo modo di dire: “viva l’Italia antifascista”, che, a distanza di 100 anni dalla nascita di mamma Arnalda e papà Ennio-Enrico (1925), purtroppo sento ancora il bisogno di urlarlo, non solo alla Scala di Milano, ma in tutto il “globo terracqueo”.