QUESALID

COOP. TEATROINCONTRO

scritto e diretto da Mimmo Sorrentino
con 5 detenute del reparto di alta sicurezza della Casa di Reclusione di Vigevano
e con Luca Cavalieri e Claudia Santrolli
musiche dal vivo Andrea Taroppi

Quesalid
Lo spettacolo, il cui nucleo centrale si ispira ad un episodio riferito dall’antropologo Franz Boas, intreccia singolari vicende di sciamani che non credono allo sciamanesimo, di finte malattie e di veri risultati nella lotta alla malattia, di guarigioni più o meno miracolose. Quando tutto sembrerebbe finito, l’attrice principale, alza le mani a interrompere gli applausi e inizia il resoconto di un difficile rapporto con la medicina “ufficiale”, l’incontro con la bizzarra figura di uno stregone-guaritore che metaforicamente somiglia a quello raccontato da Boas, del successo che forse corona l’intervento di costui. Ma un equivoco corrode la certezza dell’efficacia decisiva di un tale risultato: e allora chissà, potrebbe essere proprio questa perdita di fiducia, quell’ombra di involontario sgomento a determinare nel corpo l’insorgere delle metastasi. Quesalid, nonostante l’abnorme impatto emotivo ingabbiato in una stratificazione dialettica tra realtà e finzione, non punta su facili suggestioni, piuttosto porta in luce il nocciolo di paura che è in noi, ce lo mostra come fa lo sciamano che identifica la malattia con un batuffolo insanguinato.

“Anche a me sarebbe piaciuto che la mia storia si fosse conclusa così” recitava Laura Allegri, la protagonista dello spettacolo e Renato Palazzi scrisse sul Sole 24 Ore il 16 aprile del 2000, che con queste parole cominciava “uno dei più strazianti monologhi ascoltati in palcoscenico negli ultimi anni”.

Quesalid infatti è andato in scena al CRT\Salone di Via Ulisse Dini per quattro repliche nel 2000. Lo spettacolo commosse, fece discutere, investì “le ragioni profonde del teatro”, come scrisse Oliviero Ponte di Pino. Lo spettacolo fu visto da un centinaio di persone e, sebbene ottenne segnalazioni al Premio Ubu dello stesso anno, non fu più replicato. Motivo determinante l’aggravarsi delle condizioni fisiche della protagonista, Laura Allegri, e la sua successiva morte.

Dopo vent’anni dal suo debutto si intende riportare in scena questo testo, scritto con la supervisione del Prof. Vittorino Andreoli. Al posto di Laura un’attrice detenuta in alta sicurezza nella Casa di Reclusione di Vigevano, insieme a sue compagne e ad attori professionisti. Per tutte queste persone il teatro è “necessario”. La prova è che nel praticarlo hanno messo in atto dinamiche di trasformazione sia in loro che nella società. Sono attrici autentiche, con una tecnica sopraffine. Così dopo 20 anni ci sono, per me, le condizioni “necessarie” per riprendere questo lavoro che sono sicuro, e spero di non sbagliarmi, continua a proporre, come scrisse Vittorino Andreoli, “un’antropologia del presente”.

Un teatro di attori
Quesalid costituisce un’evoluzione artistica e sociale del progetto avviata con la produzione dello spettacolo Benedetta, interpretato dall’attrice Donatella Finocchiaro e da una ex detenuta, Margherita Cau, che si è formata come attrice nella Casa di Reclusione di Vigevano, che è andato in scena il 16 e 17 maggio in anteprima nazionale presso il Teatro Elfo Puccini di Milano. L’obiettivo è di produrre spettacoli che non necessariamente, come nel caso di Quesalid, portano in scene tematiche carcerarie e dei contesti dove sono stati effettuati i reati e che presentano sulla scena attrici, a prescindere dalla loro drammatica biografia.

Si viene presi da un turbamento fulmineo. Le convinzioni maturate sulla base di fatti durissimi, non di ideologie, si increpano… Che cosa pensare davanti a queste parole che fluiscono a metà tra la scimitarra e la poesia? Che cosa pensare della figlia di un boss tra i più celebri che centellina con voce gentile le note dell’inno nazionale? Sembra un miracolo. Si è costretti a farsi delle domande.
Nando Dalla Chiesa

Educarsi alla libertà
Educarsi alla libertà è un progetto promosso e realizzato nel reparto femminile di massima sicurezza del carcere di Vigevano. In questi anni queste donne hanno rappresentato i loro spettacoli negli stabili, nei grandi teatri cittadini e nelle aule magne delle università attraendo oltre 10.000 persone. Il progetto ha prodotto un libro Teatro in alta sicurezza, scritto da Mimmo Sorrentino, con interventi di Nando Dalla Chiesa, Massimo Recalcati, Oliviero Ponte di Pino e Bruno Oliviero, edito da Titivillus e prossimamente è prevista la realizzazione di un documentario girato da Bruno Oliviero prodotto da RAI Cinema. Inoltre alcune delle detenute impegnate nel progetto sono state chiamate in qualità di docenti a condurre laboratori di formazione per gli studenti del lll anno del corso attori della Scuola Paolo Grassi di Milano.
Il progetto Educarsi alla libertà è diventato un caso di rilevanza nazionale per le ricadute sociali, giuridiche e teatrali che ha generato.
Sociali perché grazie a questi lavori vi è una conoscenza diretta e nuova della condizione femminile nei contesti di criminalità organizzata e perché ha tracciato nuove strade per parlare del fenomeno, proponendo nuove strategie per affrontarlo. Tanto da fare affermare al Prof. Nando Dalla Chiesa che il valore di questo progetto “è incalcolabile perché queste donne, anche se non denunciano, non tradiscono, possono diventare un fatto esemplare per il paese”.
Giuridiche perché, grazie a queste evidenti e tangibili cambiamenti sociali prodotti, i magistrati di sorveglianza delle detenute e le autorità giudiziarie, hanno permesso a queste donne detenute in circuiti di alta sicurezza di uscire dal carcere per rappresentare i loro spettacoli con un permesso di necessità con scorta. Cioè per la prima volta in Italia dei magistrati hanno stabilito che per un gruppo di persone praticare arte e cultura fosse una necessità e che pertanto andavano rimossi gli ostacoli che impedivano loro di usufruirne.
Teatrali perché il teatro in questo caso ha inciso e incide in maniera concreta sulla società fino al punto da modificare alcune significative norme giuridiche. E, non ultimo, nell’essere, riusciti attraverso questa particolare forma di teatro partecipato, ad intercettare un nuovo pubblico. Per questi motivi il progetto “educarsi alla libertà” è stato ed è oggetto di studio nelle più prestigiose università italiane sia nelle facoltà di sociologia, di pedagogia e giuridiche. E presso le cattedre di storia del teatro e dello spettacolo perché in questo caso il teatro, coniugando valore estetico e sociale, si è rivelato uno strumento adeguato per incidere sulla realtà adempiendo in questo modo ad una delle sue più fondanti missioni.


Date:
mercoledì
26
giu 2019
ore
21.45